La riscoperta - Dal XIV al XIX secolo
Sulle tracce dell’antica città
La passione umanistica quattrocentesca, con la riscoperta del mondo classico, la febbrile ricerca e l’esame di antichi testi, iscrizioni e monumenti, tocca anche Lodi. Qui, nel corso del XV secolo, intorno ai vescovi Gerardo Landriani (1419-1437) e Carlo Pallavicino (1456-1497) si forma infatti una piccola cerchia di eruditi e studiosi, che si dedicano a ritrovare le tracce del mondo antico. Questa ricerca segna un punto fondamentale nel 1421, quando lo stesso Landriani, intellettuale e studioso oltre che vescovo, scopre nell’Archivio Capitolare lodigiano il Codice L con le opere retoriche di Cicerone. Il codice contiene tra gli altri scritti il Brutus, fino ad allora ignoto. Il giovane letterato lodigiano Maffeo Vegio dedica all’avvenimento un epigramma che vanta la gloria di Lodi per la straordinaria fortuna.
Pochi anni più tardi, alla ricerca di Laus antica giunge sul luogo un celebre amico di Vegio, Ciriaco Pizzicolli da Ancona, noto come Ciriaco d’Ancona, commerciante, erudito, infaticabile viaggiatore, a caccia di testimonianze classiche. Questo spirito lo porta anche a Lodi Vecchio, in cui riesce solamente a vedere, come ammette egli stesso “nulla se non qualche edificio sacro e pochi tuguri”. Nella Lodi nuova il d’Ancona può consolarsi con nove altari dedicati a Ercole, di cui trascrive le iscrizioni.

Ritratto dell’umanista lodigiano Maffeo Vegio (1407-1457) in un’incisione.

Lo stemma del vescovo di Lodi Carlo Pallavicino sul fondo di una pagina dell’Antifonario temporale dai primi vespri della prima domenica di Avvento sino all’ottava di Natale (1 gennaio), fine del XV secolo, Lodi, Biblioteca Comunale Laudense.

Oggetti ritrovati a Lodi Vecchio e nel suo territorio nelle Storie lodigiane di Cesare Vignati, 1847.

Bronzetto raffigurante Marte guerriero, VI-IV secolo a.C., recuperato nel territorio di Lodi Vecchio e appartenuto al collezionista Amilcare Ancona, Lodi, Museo Civico.
La ricerca antiquaria nel Lodigiano prosegue tuttavia tra XV e XVI secolo con Ottaviano Vignati e Bassano da Ponte, “due antiquari nobilissimi” che “attesero per i tempi passati a dare lume e spirito ai marmi romani di Lodi”, secondo la definizione di Defendente Lodi. All’attività collezionistica di Bassano da Ponte si deve il primo nucleo di lapidi di quello che diverrà il Museo di Lodi.
A questa volontà di recupero e alla passione collezionistica si aggiungono, nel corso dell’Ottocento, gli scavi promossi dalla nobile famiglia Cavezzali nei propri fondi tra il Sillaro e il centro di Lodi Vecchio. Purtroppo, tuttavia, queste ricerche sono volte al semplice rinvenimento di oggetti da collezionare. Secondo varie testimonianze, i Cavezzali riuniscono i pregiati ritrovamenti antichi in tre stanze del loro palazzo, ma tali beni, acquistati nel 1838 da Maria Anna Carolina di Savoia e Ferdinando I d’Asburgo per la cospicua cifra di 30.000 lire austriache, vengono poi dispersi in Austria.
Nel corso del XIX secolo diventano sempre più numerosi i ritrovamenti casuali di antiche vestigia a Lodi Vecchio e nel suo territorio, che in parte confluiscono nel Museo di Lodi e in parte vanno purtroppo disperse.
– The Search for the Ancient City
The feverish search for classical remains which animated the 1400s would bring the scholar Ciriaco da Ancona to Lodi Vecchio; there, he found nothing but he did transcribe nine inscriptions of altars dedicated to Hercules. The search for traces of Antiquity in the Lodi area continued throughout the 15thand 16thcenturies with Ottaviano Vignati and Bassano da Ponte who collected the first core of stone slabs which was to become the basis for the Lodi Museum. In the 1800s, the Cavezzali family found precious antique artefacts on their property and sold them to Ferdinand I of Hapsburg in 1838.