LA riscoperta - dal XIX secolo ad oggi

Due secoli di ricerche

L’interesse per il passato di Laus Pompeia ha una storia piuttosto lunga che possiamo sintetizzare in tre tappe fondamentali. La prima risale all’Ottocento, momento in cui la ricerca archeologica risponde non tanto a motivazioni culturali ma alla speranza di recuperare oggetti preziosi. Si tratta di sterri, in molti casi fortunati, ma senza alcun significato per la comunità di allora e di oggi a cui, al contrario, sono stati sottratti beni e informazioni non più recuperabili. L’episodio più grave e più famoso è senz’altro la vendita da parte della famiglia Cavezzali di Lodi della propria collezione a Ferdinando I d’Austria giunto a Milano nel 1838 per essere incoronato re del Lombardo-Veneto. All’Ottocento risalgono anche alcuni ritrovamenti casuali, come quello nel 1880 del corredo di un guerriero celtico e nel 1892 del “tesoretto” di campo San Michele qui esposto. Non si può dimenticare anche il recupero di numerose epigrafi, materiali tutti confluiti nel Museo Civico di Lodi che si era costituito proprio in quegli anni.

Una fase ben diversa d’indagini matura negli anni Cinquanta del Novecento, quando, quasi contemporaneamente, ma non per un progetto coordinato, vengono pubblicati i primi importanti studi dedicati a Laus Pompeia e si concretizzano i primi scavi di ricerca. Artefice di questi interventi è Antonio Frova, giovane ispettore della Soprintendenza alle Antichità della Lombardia. Si realizzano nel corso di tre anni (1955-1958) diversi cantieri scuola, con l’impiego di personale operaio ingaggiato dalle liste di disoccupazione.

Come scrive Frova, “malgrado tanta letteratura e tante supposizioni su Laus Pompeia, nessun muro romano restava fuori terra, a testimonianza dell’antica città ed a soddisfazione dei pochi turisti. Sembrò quindi giunto il momento di incominciare a interrogare il terreno che solo è decisivo in questioni archeologiche”. E il terreno, interrogato nei punti che la documentazione raccolta e lo studio delle fotografie aeree suggerivano come i più promettenti, ha restituito le uniche, a tutt’oggi, tracce concrete della cinta muraria, le fondazioni della cattedrale medievale di Santa Maria sorta al di sopra di un edificio pubblico romano, i resti della chiesa longobarda di San Michele, assieme a reperti frantumati e la prova di una distruzione feroce.

Campagna di scavo condotta da Antonio Frova nel 1954 in campo San Michele.

Porzione del teatro messa in luce dagli scavi della Soprintendenza.

Riprese del cantiere di scavo in via Libertà.

Conclusa l’esperienza di Antonio Frova, la terza fase è rappresentata dalle indagini, inserite nell’attività annuale di tutela della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, che da circa un trentennio precedono o accompagnano l’apertura dei cantieri. Tra le tante scoperte che hanno dato un volto alla città romana, si ricordano gli edifici da spettacolo, l’impianto termale di cascina Corte Bassa, le necropoli. Per l’età successiva spiccano senz’altro i preziosi corredi delle tre sepolture longobarde venute in luce nell’area della cattedrale della città.

Ma sono le carte archeologiche di età romana e di età medievale, scaturite da queste ricerche, che rendono conto del numero dei ritrovamenti e della qualità dei risultati raggiunti. La realizzazione di un museo dedicato all’esposizione di una scelta ragionata dei materiali emersi dai vari scavi corona un percorso virtuoso e apre a tutti la conoscenza e il godimento di questo importante passato.

Pendente in oro rinvenuto in una tomba longobarda scavata nell’area della cascina Corte Bassa.

Frammento di tessellato con inserti marmorei, prima metà del I secolo d.C., via San Rocco.

  –  Two Centuries of Research

The re-discovery of Laus Pompeia can be divided into three phases. During the 1800s, there were not only random finds but searches were made as well for precious objects to add to private collections such as that of the Cavezzali of Lodi
Collection, sold to the Hapsburgs in 1838. From 1955 to 1958, Antonio Frova directed investigative excavations which uncovered remains of the ancient city and evidence of its ferocious destruction. The third phase has consisted of research investigation and safe-guarding work carried out by the Superintendence for the Archaeological Heritage of Lombardy over the last thirty years, the results of which are on display in the Museum.