La distruzione - il XII secolo

24 maggio 1111: da civitas a locus

Alle origini della secolare lotta tra Laude e Milano, culminata nella drammatica distruzione della prima, si pongono le azioni del grande arcivescovo milanese Ariberto da Intimiano (1018 -1045). Abile politico, Ariberto appoggia la candidatura a re d’Italia di Corrado II il Salico, lo incorona nel 1026 e ottiene tra gli altri favori il diritto di investitura del vescovo di Laude, tradizionale prerogativa del sovrano. In questo modo, trasformando il vescovo laudense in vassallo, Milano ridimensiona la città nemica e può controllare finalmente il Po di fronte a Piacenza e i corsi di Adda e Lambro, sui quali viaggiano le merci milanesi.

Laude non accetta la sudditanza a Milano e la situazione di dissidio degenera con la cacciata dalla città nel 1107 del vescovo Arderico da Vignate e dei latifondisti (capitanei) favorevoli alla politica milanese. In quell’occasione, come riporta Anselmo da Vairano nel Chronicon, prevalgono in città feudatari maggiori e minori (valvassori) e il populus, una classe sociale in cui si riconosce quella borghesia commerciale che ha le sue attività nella città e non può tollerare che Milano le sottragga le vie d’acqua e impoverisca il fiorente mercato locale. Lo scontro inevitabile si protrae dal 1107 al 1110, si interrompe per la discesa in Italia dell’imperatore Enrico V e si riaccende con violenza quando, il 22 maggio 1111, il sovrano prende la via del ritorno. Il feroce attacco a Laude, facilitato dalle macchine d’assedio, come racconta il contemporaneo Landolfo Iuniore, si conclude mercoledì 24 maggio. I Milanesi vincitori smantellano meticolosamente le mura asportando anche le pietre angolari, nonostante un’esplicita proibizione di Enrico V, depredano gli edifici e le chiese e incendiano la città.

Croce di Ariberto in rame dorato e policromato con l’immagine del vescovo Ariberto da Intimiano sulla base, prima metà dell’XI secolo, Milano, Museo del Duomo.

I segni evidenti della distruzione violenta della città in un tratto della muratura del teatro spezzato in due parti.

Scena di attacco a una città, particolare dell’Arazzo di Bayeux, seconda metà dell’XI secolo, Bayeux, Musée de la Tapisserie.

Lo storico Ottone Morena, bambino all’epoca dei fatti, descrive il dramma dei cittadini cacciati dalle loro case. Anche il monastero extramurario di San Pietro è depredato e incendiato. Agli sconfitti è imposto un trattato di pace che prevede varie condizioni, tra le quali il giuramento di fedeltà alla città vincitrice nonché la proibizione di abitare Laude e i suoi borghi e di ricostruirli. L’antica città, distrutta e privata delle sue mura, viene chiamata nei documenti d’archivio locus (luogo) e, dopo il 1111, i cittadini fuggiti in località lontane dalla loro patria sono definiti con la formula qui fuit de civitate Laude, epitaffio di una città perduta. Pochi anni dopo tuttavia, nel 1117, si torna a parlare di Laude come civitas, ma il centro vitale della città si sposta nei borghi.

Nel 1127 sorge, finanziato da Ruggero da Cerro, un nuovo ospedale intitolato a San Nazaro. Costruito nel borgo milanese nei pressi di San Pietro, il luogo deve essere gestito dai canonici della basilica milanese di San Nazaro. Questo stretto legame causerà alcuni problemi in tempi che vedono avvicinarsi lo scontro definitivo tra Milano e Laude.

  –  24th May, 1111: From civitas to locus

Having obtained the right to nominate the Bishop of Lodi from Conrad II The Salic, the Archbishop of Milan, Aribertus da Intimiano (1018-1045), assumed control over Laude and above all, over the waterways which were fundamental for trade. The tension between the two cities reached a peak in 1111 with the defeat of Lodi and its inhabitants deserted the city. It was sacked and burnt by the Milanese who forbade any reconstruction of the city or its quarters. For several years Laude was no longer a civitas but a mere geographic location.