Resti osteologici da Lodi Vecchio

La lettura attenta dei resti ossei provenienti dagli scavi archeologici cittadini ha permesso di trarre molte informazioni, che hanno consentito di delineare un primo quadro dell’antica popolazione di Lodi Vecchio. Attraverso le ossa, infatti, si può risalire al sesso, all’età, all’altezza, alle malattie di cui avevano sofferto le persone e, talvolta, anche al tipo di attività che svolgevano.

Le indagini archeologiche condotte nell’area della Corte Bassa hanno riportato alla luce alcuni reperti osteologici. Nonostante i resti fossero pochi e molto compromessi, è stato possibile determinare la presenza di tre individui, un soggetto adulto di circa 40 anni e due bambini di 4 e 5 anni. Per quanto riguarda il più piccolo, non vi sono particolari evidenze patologiche, mentre il più grande presenta una lieve cribra orbitalia, una porosità più o meno accentuata osservabile sul tetto dell’orbita (1). Tale alterazione del tessuto osseo è spesso correlata a stati di anemia da carenza di ferro. È, quindi, possibile ipotizzare che, nonostante la sua tenera età, il bambino abbia sofferto di un lieve stato di malnutrizione.

Maggiori informazioni provengono dalla necropoli di campo San Michele (via Fregoni), che ha portato alla luce circa un centinaio di soggetti. I resti scheletrici, ancora in corso di studio, danno testimonianza di una popolazione europea, di tipologia etnica apparentemente uniforme, diversificata per età, ma com posta in prevalenza da adulti di età compresa tra i 35 e i 50 anni, equamente ripartiti tra maschi e femmine. La statura media risulta essere di 1,70 m per gli uomini e 1,55 m per le donne, in accordo con quanto osservato nelle altre popolazioni coeve della Lombardia.

Per quanto concerne le attività svolte, è possibile ricavare informazioni utili dai segni di degenerazioni artrosiche e dalle alterazioni delle inserzioni muscolari (entesopatie), possibili indici di stress occupazionali. I numerosi segni di artrosi osservati a livello della colonna vertebrale (in particolare nel tratto toracico e lombare) sono da correlare soprattutto all’età, ma in alcuni casi possono essere ricondotti all’usura delle articolazioni della schiena, causata da attività quali il sollevamento di carichi pesanti. Questo dato sembra essere confermato dal riscontro nei medesimi soggetti di entesopatie delle braccia e delle gambe, indici di ripetute sollecitazioni degli arti superiori e inferiori, compatibili con lo svolgimento di lavori pesanti.

Come già osservato nelle popolazioni coeve del territorio bergamasco, di particolare interesse risulta essere la presenza sia di degenerazioni artrosiche a livello della colonna sia di stress meccanici, in corrispondenza soprattutto degli arti superiori, anche in adolescenti. Ad esempio, si riscontrano alterazioni nel punto di inserzione del legamento costoclavicolare; una particolare sollecitazione di tale legamento si ha nel ruotare ripetutamente la spalla, come avviene nell’atto di caricare sul dorso oggetti pesanti (2). Ciò è suggestivo di un impiego di individui giovani come manodopera nelle attività lavorative.

Un caso interessante è quello che riguarda un individuo maschile di età compresa tra i 40 e i 50 anni, il quale presenta una frattura scomposta all’omero sinistro, possibile conseguenza di una caduta sul gomito o sulla mano ad arto esteso. A causa dell’inadeguato trattamento, i monconi ossei non si sono riallineati, provocando una deformità permanente dell’omero. Inoltre, sulle ossa dell’avambraccio sono stati riscontrati i segni di una diffusa infezione, che interessa in particolar modo il radio, il cui volume risulta notevolmente aumentato (3-4). L’uomo non aveva più la possibilità di muovere il braccio da molto tempo. La deformità e la ridotta mobilità dell’arto devono avergli causato una parziale invalidità, impedendo l’uso del braccio sinistro anche nelle attività quotidiane.